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Disamistade - di Sara Bonetti

Luca Noce, giovane artista sardo, con la sua DISAMISTADE, compie uno straordinario capovolgimento di prospettiva e ci offre la possibilità di recuperare una visione “positiva” del conflitto come strumento per capire e agire nel presente.
La sua arte ci obbliga a rivedere il nostro punto di partenza, la nostra cultura del conflitto e della lotta (di classe, di religione, di fede politica, ecc.), ormai considerata  obsoleta e sostituita dalla cultura del patteggiamento, della conciliazione, dell’accordo, della strategia politicamente corretta. Con scarso successo, direi, visto che guerre di ogni tipo, conflitti sociali e psicologici continuano ad affliggere l’umanità in ogni dove.
Penso alle guerre, disseminate ovunque nel nostro pianeta, nel nome di Dio o dell’uomo. Nessuna esclusa.
Ma penso anche ad altri conflitti, come quelli metropolitani tra migranti e stanziali, ai disordini delle tifoserie da stadio, agli scontri di piazza, alle tensioni tra diverse categorie di individui (i consumatori, i produttori, gli azionisti, i risparmiatori, i pensionati, i precari, i nuovi ricchi, i nuovi poveri, ecc.); alle lotte tra clan e famiglie.
Ed è abitudine comune (e in alcuni casi legittima) pensare a conflitto, lite e lacerazione come a qualcosa di negativo, manifestazione di prepotenza, prevaricazione e distruzione dell’altro, lato oscuro del nostro vivere sociale ed interiore,  sinonimo di morte e distruzione.
Luca Noce ci fa percorrere un’altra strada.
“Nella mia terra ci si uccide per il furto di una pecora, o per un’offesa ancora meno grave. Nella mia lingua, questo si dice Disamistade che tradotto letteralmente, significa Inimicizia, per estensione Faida.”
Disamistade è anche il titolo di una canzone di Fabrizio De Andrè, artista legato alla Sardegna da un drammatico sequestro, che ha stretto con questa terra un legame profondo, costruito sulla passione, la paura, la rabbia e il dolore, ed è riuscito attraverso la sua musica a raccontarlo con amore e poesia.
Luca Noce parte dalla Sardegna per raccontare con gli strumenti della sua arte, senza ipocrisie e troppo facili schieramenti, il senso profondo della Disamistade, della lotta, della contesa,  per raccontarci la libertà.
Libertà non come sottrazione da ogni vincolo, ma come movimento da un vincolo all’altro, come  possibilità e capacità di costruire altri vincoli, senza chiudervisi dentro. Libertà come continua e lenta liberazione.
Disamistade è un “racconto cromatico” sulla dignità umana che, seguendo un movimento a spirale sale e scende, dilata e restringe prospettive, muovendosi sinuosamente in contesti differenti.
Luca Noce dà vita e forma a creature primitive e vitali sospese TRA TERRA E CIELO, dipinge su legno figure di donne in cui la grazia e la morbidezza di anatomie femminili convivono in disarmonica armonia con la forza e la potenza di fattezze mascoline. E’ una pittura originaria - nel senso che parte dall’origine, dall’uomo e dalla terra - in cui semplicità del tratto e del colore accompagnano un pensiero profondo e complesso che si interroga sull’umanità.
Il caldo abbraccio della sua DEA MATER, ci avvolge tutti; le sue braccia sono ali possenti e salde, aperte sulla vita. Il suo volo può condurci all’origine della storia dell’uomo e farci esplorare i luoghi più profondi dell’anima, ma può anche portarci in Terre dimenticate e distanti dove gli esseri umani stentano a riconoscersi come uomini tra gli uomini e si combattono a vicenda.
“Un uomo t’incontra e non si riconosce, e ogni Terra si accende e si arrende la pace.” F. De Andrè
La DANZA di una donna nuda che libera la sensualità del suo corpo possente, ritagliato da un unico, doloroso tratto, è un poetico inno alla vita, un grido di libertà.
La sua danza infinita e primitiva è un gesto di lotta, il tentativo di sciogliere quel nodo invisibile che le lega le mani, stretto da chi le ha posto un pesante velo sul viso.
La sua identità è nascosta, la sua femminilità imprigionata, la sua essenza mutilata.
Una trama comune, di senso e di colore, lega quella donna al destino della figura con il ventre pieno di vita, velata e crocifissa al cospetto di altre donne dal volto coperto che assistono timidamente al suo sacrificio (CROCIFISSIONE VELATA).
Ogni volta che la vitalità è annientata dalla prepotenza, quando sono l’abuso di potere e la violenza a sparigliare destini e fortune, per citare ancora una volta De Andrè, è allora che si crea una nuova disamistade.
LA LINEA DI CONFINE che separa e unisce il destino delle anime che Luca Noce ritrae su legno, è tracciata dalla scelta, quella che dà senso ad ogni libertà, (artistica, di azione o di pensiero), che ci fa agire con consapevolezza, che ci fa decidere se aprire o chiudere le ali.
Scegliere implica riconoscere la varietà delle possibilità e delle potenzialità, significa imbattersi e oltrepassare un conflitto, una disamistade.
Viviamo in una realtà complessa, molteplice e contraddittoria, in cui il conflitto non si può semplificare in uno scontro tra polarità opposte e per questo la sua soluzione non può essere semplice e unificata.
Il mondo al quale apparteniamo, si sviluppa seguendo un movimento incessante, si evolve e si articola in base ad una pluralità, si alimenta delle differenze.
In questo modo la lotta degli opposti  dà senso alle cose,  permette di distinguerle e differenziarle, e di restituire ad ognuna il suo valore.
La figura ambigua della FEMINA AGGABADORA, riconosciuta nella tradizione sarda come una levatrice ma anche come colei che portava la “dolce morte”, si nutre della sua doppia valenza, ma resta ben salda alla sua inquietante identità: Donna, ma allo stesso tempo angelo e demone, figura mitica simbolo del Passaggio, contesa ora dalla vita ora dalla morte, è la custode alata della disamistade.
Luca Noce in questo viaggio che dalla sua Terra arriva in territori sconfinati, ci guida su sentieri aspri e controversi, ma ci permette anche di riscoprire e assaporare il calore di un abbraccio materno, il senso intimo e profondo dell’unione familiare, l’estasi dell’amore e della comunione dei sensi. (FAMIGLIA METAFISICA, MARIA MADDALENA: IL FIGLIO DELL’UOMO, GLI AMANTI DI BABELE).
Attraverso le linee, le forme, i colori e le suggestioni delle sue opere, questo artista  parla all’uomo dell’uomo e sceglie la donna come protagonista del suo racconto.
La conduce tra barbarie e violenza, la porta al confine tra abisso e riscatto, la veste di grazia e le infonde potenza, le mette le ali e la lascia al suo volo.
Le donne di Luca Noce sono il simbolo di quello slancio vitale che prende vita da una lacerazione, l’emblema di quella forza primitiva e poetica che permette all’umanità di riconoscersi come entità unica e complessa, che vive e si alimenta delle sue stesse differenze.