Disamistade - di Enrico Martini
Disamistade avviene quando “un uomo t’incontra e non si riconosce, e ogni Terra si accende e si arrende la pace”. Inevitabile citare Fabrizio De Andrè parlando della mostra di Luca Noce.
In sette opere (oli su legno), con con altrettante donne senza volto a narrarceli, si affrontano i temi più tragicamente attuali del nostro tempo.
In questi quadri non c’è traccia di posizioni “radical chic” o “politically correct”, come direbbero i bene (o male?) informati. In una parola non c’è ipocrisia, né partigianeria, quanto un genuino, sentito, pensare da cittadino del mondo, prima che d’artista. Che si pone delle domande, chiare, semplici: perché divisioni tra singole persone e tra interi popoli? Perché in nome di Dio ci si uccide? Perché la Donna viene segregata, schiavizzata, umiliata ad ogni latitudine?
Nelle sue opere Luca Noce non pretende di dare risposte, ma i suoi pensieri li esprime, eccome, con il coraggio che arriva dall’ispirazione artistica. Quella vera. Non schierata, non schierabile.
Eccole, dunque le potenti immagini pittoriche che qualcuno, che non conoscesse la poetica filantropica dalla quale sgorgano impetuose, definirebbe provocatorie: la dolorosa Crocifissione Velata, con le Due Torri (emblema dei conflitti attuali) che vi assistono. E il Fardello Nero dove i simboli delle tre religioni monoteiste convivono (male, come nella realtà). E poi la sensuale Danza, icona di vitalità femminile libera e quindi nuda, ancorché velata da chi pretenderebbe di soggiogarla.
Nel percorso ideale ci sono anche una Maternità struggente, Famiglia Metafisica, una Dea Mater che cita Nivola, ma, ancor più, l’attaccamento viscerale che l’autore nutre per la Sardegna. E gli splendidi Amanti di Babele, di biblica evidenza. Infine Disamistade, la pietra miliare poetica di quest’intenso lavoro, cui, non a caso, dona il titolo.
Le creature di Luca Noce hanno una bellezza che non può lasciare indifferenti. Il senso che se ne trae ancor meno: sino al momento in cui ogni donna-madre-sorella-moglie di questo pianeta verrà vessata per il semplice fatto di Essere, la disamistade impererà incontrastata. A raccontarci, ogni sanguinolento giorno, della nostra, (di tutti, uomini e donne), colpevole inerzia al contrastarla.
Nelle sue opere Luca Noce non pretende di dare risposte, ma i suoi pensieri li esprime, eccome, con il coraggio che arriva dall’ispirazione artistica. Quella vera. Non schierata, non schierabile.
Eccole, dunque le potenti immagini pittoriche che qualcuno, che non conoscesse la poetica filantropica dalla quale sgorgano impetuose, definirebbe provocatorie: la dolorosa Crocifissione Velata, con le Due Torri (emblema dei conflitti attuali) che vi assistono. E il Fardello Nero dove i simboli delle tre religioni monoteiste convivono (male, come nella realtà). E poi la sensuale Danza, icona di vitalità femminile libera e quindi nuda, ancorché velata da chi pretenderebbe di soggiogarla.
Nel percorso ideale ci sono anche una Maternità struggente, Famiglia Metafisica, una Dea Mater che cita Nivola, ma, ancor più, l’attaccamento viscerale che l’autore nutre per la Sardegna. E gli splendidi Amanti di Babele, di biblica evidenza. Infine Disamistade, la pietra miliare poetica di quest’intenso lavoro, cui, non a caso, dona il titolo.
Le creature di Luca Noce hanno una bellezza che non può lasciare indifferenti. Il senso che se ne trae ancor meno: sino al momento in cui ogni donna-madre-sorella-moglie di questo pianeta verrà vessata per il semplice fatto di Essere, la disamistade impererà incontrastata. A raccontarci, ogni sanguinolento giorno, della nostra, (di tutti, uomini e donne), colpevole inerzia al contrastarla.